Al centro dell'Europa e del Mediterraneo,
ecco la nuova Calabria del Collettivo Valarioti
Si sono incontrati un anno fa. Sono studenti, ricercatori, attivisti politici, amici, ex compagni di liceo sparsi per l’Europa. Provengono da Catanzaro, Dresda, Bologna, Parigi. Il loro primo focus è stato la condizione in cui versano i lavoratori stagionali della tendopoli di San Ferdinando, a Rosarno. Oggi sono in 12 e hanno allargato gli orizzonti,
con un’aspirazione: costituire un think tank per il futuro della Calabria. Chiedono
il diritto di voto per chi vive fuori regione
di Benedetta Persico | 13 Febbraio 2021
Lo scorso Marzo la primavera non è arrivata. La pandemia di Coronavirus ha messo in ginocchio l’Italia e ha mandato al fronte medici, infermieri, operatori sanitari. Tutti hanno imparato il significato profondo di una distanza incolmabile, quella dei figli tagliati fuori, sparsi per l’Europa, in un mondo che fino a pochi giorni prima sembrava essersi liberato di ogni barriera.
Collettivo Valarioti, studenti europei per la Calabria
Il Collettivo Valarioti nasce durante una crisi mondiale. Durante i mesi più difficili della pandemia un gruppo di nove studenti e ricercatori sparsi per l’Europa si incontrano. Sono attivisti politici, ex compagni di liceo, hanno in comune una città o più di una. Catanzaro, Dresda, Bologna, Parigi. Si interessano della situazione aberrante in cui versano i lavoratori stagionali della tendopoli di San Ferdinando, a Rosarno. Ora sono in 12.
“Mentre l’OMS ordinava di lavarci più spesso le mani e di mantenere le distanze, noi conoscevamo le condizioni dei lavoratori della terra, ammassati in alloggi di fortuna, senz’acqua. La tendopoli di San Ferdinando (RC) rappresenta uno dei tanti nervi scoperti di una Calabria che può solo sperare che il destino, ancora una volta, le sia benevolo.”
Hanno voluto rievocare Giuseppe Valarioti, politico e insegnante rosarnese ucciso dalla ‘ndrangheta negli anni ’80 con l’aspirazione di costituire un think tank per il futuro della Calabria. San Ferdinando è un caso di studio internazionale, citato in report delle Nazioni Unite nel 2018 sulle forme contemporanee di schiavitù. Il lavoro stagionale non è un’emergenza, ma una condizione strutturale della filiera agroalimentare non solo calabrese e non solo italiana, ma euro-mediterranea, dall’Andalusia al Maghreb.
Un osservatorio sulle occasioni sottratte alla Calabria
Nel pieno di una crisi mondiale, dunque, il Collettivo Valarioti si impegna in lunghe videocall con giornalisti, amministratori, politici e sindacalisti per indagare il fenomeno localmente e in chiave europea sulla gestione dei fondi strutturali e della PAC, la politica agricola comune dell’Unione. Un gruppo molto eterogeneo di giovani che nella vita reale non ha mai avuto la possibilità incontrarsi, accomunati dalla stessa voglia di rimboccarsi le maniche per comprendere quello che troppo spesso nessuno spiega, o spiega faziosamente, dalla gestione dei fondi alle lungaggini della burocrazia. Su Skype, senza confini. L’obiettivo? Inquadrare i cortocircuiti della filiera agroalimentare in una ricerca alimentata dalla rabbia di chi non sa arrendersi all’indifferenza. Il quadro poco promettente mostra il fallimento delle amministrazioni e grande mancanza di visione. Un osservatorio attento e pronto a denunciare, carte alla mano, come verranno sottratte alla Calabria occasioni di miglioramento. Una resistenza smart che va alla ricerca di una soluzione complessa a fenomeni altrettanto complessi troppo spesso archiviati con risposte lavative. Al fianco degli “invisibili” in Piazza San Giovanni a Roma per gli Stati Popolari di Aboubakar Soumahoro, Giorgia, Sarah e Martina portavano un cartellone in spalla in rappresentanza del collettivo: “Noi vi vediamo” recitava. Perché nessuno sia mai più invisibile.
Calabria in Europa, Europa in Calabria
Da Bologna a Parigi passando per Vibo Valentia e Dresda guidati dall’orgoglio di appartenere, ognuno a modo suo, al Mediterraneo e all’Europa per mettere a disposizione forze, tempo, competenze per rafforzare la consapevolezza dei diritti di ogni essere umano, studente, lavoratore che abiti questa regione. Federico è un membro fondatore del Collettivo, è veneto, non è mai stato in Calabria, ma sente la necessità di occuparsene, di saperne di più e farne sapere di più. Antonio è pugliese e si è da poco avvicinato al Collettivo. Non è calabrese, ma ha messo le sue passioni a servizio della Calabria. La Calabria è affare di chiunque voglia occuparsene.
Giovani più vicini alla politica
Sui social del Think Tank i contenuti del manifesto del collettivo si fanno espressione dell’obiettivo di avvicinare quanti più cittadini alla quotidianità della politica, liberandosi dei vecchi fardelli e della retorica meridionalista. Da una riflessione sulla struttura della filiera agroalimentare e gli standard europei passando per il nodo principale delle infrastrutture, della gestione dei rifiuti per restituire alla Calabria tutto quello che le è mancato.
Questi i temi principali di cui il Collettivo prospetta di occuparsi in futuro. Il diritto a costruire la Calabria del futuro con il lancio di una campagna di ascolto delle associazioni e degli attori economici, a partire dai gruppi di azione locale, per indagare a fondo le prospettive di crescita e sviluppo che integrino i fattori essenziali, alla luce degli investimenti del Next Generation EU, della digitalizzazione, dell’integrazione delle politiche di genere e di sviluppo sostenibile. Il Collettivo ascolta. Il Collettivo si esprime. Ed intende farlo attraverso il voto. Il 14 Dicembre scorso il Collettivo ha lanciato una petizione su change.org per il voto ai fuorisede. La proposta è quella di garantire attraverso misure appropriate il diritto di voto a chi vive fuori regione, implementando, una volta per tutte, il voto via posta. Un sistema già rodato dai cittadini italiani all’estero, che da anni possono esprimere senza problemi il loro suffragio andando a imbucare semplicemente una lettera.
In questo modo, le elezioni regionali in Calabria si potrebbero trasformare in un esperimento di democrazia garantita da replicare poi, e su più larga scala, alla tornata di amministrative della primavera prossima, che vedrà coinvolte, tra le altre, metropoli come Roma, Milano, Napoli, Torino. «Nel pieno delle difficoltà risiede l’occasione favorevole: trasformare una crisi in un’opportunità. Stavolta abbiamo la possibilità di farlo», dichiarano.
Il diritto di andare, restare e venire in Calabria
Si tratta di avvicinare anche i giovani all’amministrazione della cosa pubblica, di renderla un argomento di discussione quotidiano alla portata di tutti e di ripensare la Calabria in chiave europea. La Calabria è in Europa ed è l’Europa. Non si tratta di rivendicare un fantomatico diritto a restare, elargendo sussidi a chi sceglie di studiare e lavorare in Calabria. Fare a meno del meridionalismo e dell’atteggiamento di autocommiserazione significa riposizionare la Calabria in Europa e nel Mediterraneo come suo porto di approdo naturale. Liberi di andare via, spostarsi e scoprire il mondo, ma anche di venire in Calabria, di innamorarsi del territorio e di quel che ha da offrire. E decidere – di conseguenza – di piantarci le radici. Non in quanto calabresi o calabresi di origine. Il diritto di andare, di restare e soprattutto di venire in Calabria.
«L’intenzione è rendere la Calabria un luogo che chiunque possa desiderare come propria residenza – precisano - Il nostro obiettivo è far sì che essa possa diventare un territorio dove decidere di vivere e non dal quale scappare. Progettualità, collaborazione e coraggio: ciò che rende un progetto, da ambizioso e difficile, possibile e avverabile».